Storia della fitoterapia
Fin dalle origini, l’uomo ha utilizzato le piante a scopi curativi; esse hanno costituito la fonte da cui estrarre i farmaci per alleviare dolori e infermità; nel tempo si sono affinate le tecniche per la loro conservazione e per migliorarne l’assimilabilità. Recentemente l’OMS ha stimato che almeno l'80% della popolazione mondiale trova nelle piante la principale, se non esclusiva, fonte terapeutica (Monti e Giachetti, 2005). Può quindi essere interessante porre uno sguardo verso il passato per conoscere le origini e le evoluzioni di questo metodo farmaceutico ancora così importante nell’attualità.
In epoca preistorica si iniziò con l’uso casuale di foglie, radici o semi che oltre alle proprietà nutritive manifestavano effetti utili per la digestione, la rimarginazione delle ferite e la riduzione del dolore. Il pensiero dell’uomo primitivo era ancorato all’idea magica delle forze naturali, considerate quali manifestazioni di esseri soprannaturali e l’azione delle piante considerata espressione di divinità più o meno buone. La facoltà della cura era riservata ai sacerdoti i soli uomini capaci di interagire e gestire queste forze, Sacerdoti, sciamani, guaritori, uomini medicina, gli unici conoscitori dei poteri presenti nelle piante e capaci di somministrarli agli uomini, nei templi, i centri medici dell’antichità.
A partire dal quinto secolo prima di Cristo in tutto il continente Eurasiatico nasce un pensiero filosofico che tende a uscire da una visione legata alla magia e considera il mondo come espressione di forze fondamentali che lo governano Aria, Fuoco, Terra, Acqua ed Etere. Anche in occidente nella Grecia dei tempi di Pericle, grazie a Ippocrate si sviluppa un tale pensiero che rifiuta la magia e si basa sull’osservazione del paziente, sui sintomi che presenta e sulle modalità di evoluzione della malattia, stabilendo la necessità dell’anamnesi per addivenire alla diagnosi e alla prognosi di guarigione. Teofrasto suo discepolo scrisse una voluminosa raccolta sulle piante medicinali alcune sconosciute prima di quei tempi. l romani attinsero da questo pensiero medico e lo svilupparono.
Galeno, forse il medico più rappresentativo del periodo, nel secondo secolo d.C. stabilì come fare la ricetta dei medicamenti e descrisse più di 400 medicamenti vegetali indicando le loro proprietà e modalità di preparazione. Importanti trattati furono quello di Dioscoride medico militare del 1° secolo e Celso, nonché i Plinio che nella sua “Naturali Historia” elaborò una vera enciclopedia antica, una sorta di trattato delle piante medicinali. Nel medioevo il sapere ippocratico-galenico è trasmesso dai conventi che dispongono tutti di un orto botanico dove coltivano le piante medicinali e di un laboratorio per la preparazione dei rimedi.
Un grande centro del sapere medico, in Italia è la Scuola Salernitana, sviluppatasi nel sud Italia con il contributo di influssi arabi ed ebrei. Importanti custodi e propagatori del pensiero ippocratico-galenico furono gli arabi che diedero origine all’Alchimia studio di preparazioni e forme farmaceutiche sempre più complesse. Tra i grandi medici arabi primeggia Avicenna (scienziato e filosofo persiano) che scrisse il “Canone della Medicina” vero trattato di tutto lo scibile medico del tempo in uso nelle università europee fino al 1600. Il medico svizzero Paracelso fu anche alchimista e astrologo, attivo agli inizi del 1500, criticò il pensiero medico del tempo molto fisso e rigidamente ancorato agli studi teorici del passato. Nel seicento con Galileo e Newton si sviluppa il pensiero scientifico che lentamente si diffonde in tutti gli aspetti del sapere dell’epoca e diviene la base di nuove scoperte tecnologiche all’origine della società industriale.
Dalla seconda metà dell’ottocento la tecnologia approda al campo della chimica e della farmaceutica. Si iniziano a isolare i “principi attivi” dalle piante e a impiegarli come terapici, tra i primi la morfina, poi stricnina, chinina, atropina e diverse altre. Nel 1870 viene sintetizzato in Germania l’acido salicilico e messo in commercio nel 1874 ad un prezzo 10 volte inferiore alla stessa sostanza ricavata dalla pianta. Nel 1889 è sintetizzato il primo alcaloide chimico: la coniina un alcaloide presente in natura nella cicuta (conium maculatum) impiegato come analgesico e antidolorifico. Nel 1897 in un laboratorio del colorificio Bayer inizia la produzione dell’acido acetil salicilico in cui avviene la sostituzione di un fenolo con l’acetile, creando di fatto il primo farmaco di sintesi, diffuso in tutto il mondo con un brevetto dal nome di Aspirin (abbreviazione di acetylspirsäure). Il novecento è il secolo dell’affermazione industriale.
Nel 1928 è scoperta la penicillina da Alexander Fleming osservando una muffa che inibiva la crescita dei batteri su una piastra di cultura. In poco più di un secolo, partendo dal principio attivo delle piante si è andata sviluppando la sintesi di molecole che hanno la possibilità di avere una costanza di azione e una maggior concentrazione di effetto, fino ad arrivare a molecole molto di diverse da quelle naturali e di grande efficacia sul sintomo, portando alla nascita di grandi industrie chimico-farmaceutiche, una realtà economica con fatturato pari a quello del mercato dell’ auto o del petrolio.